venerdì 10 dicembre 2010

L'urto.

Ora lei scende dall'auto e si avvia lungo la strada buia. I fari illuminano i suoi passi sul selciato viscido di ghiaccio e nebbia. Le sue parole mi rimbombano ancora nella testa. Rimango fermo, le mani sul volante, a guardarla mentre si allontana. Poi innesto la prima, lentamente esco dal parcheggio e accelerando mi dirigo verso di lei. E' un attimo, nemmeno fa in tempo a capire, nemmeno cerca di scansarmi. L'urto è violento.
Non mi fermo, non rallento. Vedo il suo corpo disteso a terra nello specchietto retrovisore e mi domando oziosamente se la carrozzeria abbia subito danni. Ma non importa, solo il rumore sordo dell'urto ora pulsa in me.

venerdì 5 novembre 2010

Sussurro

Sediamo di fronte al ristorante. Io osservo ipnotizzata le tue labbra, stai parlando di qualcosa che non ascolto, ammiro le tue labbra perfette muoversi, e sussurro senza emettere suono le parole "ti amo", senza che tu te ne accorga. Non riesco a smettere, lo ripeto cento o forse più volte, tu non guardi la mia bocca e non te ne accorgi. Intanto ascolto le lettere che dici, fino a comporre le magiche note che fanno vibrare il mio cuore, e aspetto che quelle lettere spezzate si uniscano a dare un senso al tuo sorriso, al tuo rossore e al tuo sguardo di una dolcezza struggente che mi spinge a scoppiare in pianto mentre rientro a casa attraversando un parco.

giovedì 9 settembre 2010

Nel più bel sogno ci sei solamente tu

Era immergere il mio corpo nel suo, sfiorare lentamente i suoi seni, odorare il suo sesso caldo, affondare le mie mani nella sua carne, sentire le unghie graffiare e quegli ansimi veloci, poi guardarla rivestirsi, ravviarsi i capelli con un gesto antico e sdraiarsi sotto il letto a cercare le scarpe (quando se le era sfilate?) mentre in strada un taxi attendeva. Prima di uscire mi lanciava un ultimo sguardo, promessa di un nuovo incontro, poi sentivo i suoi tacchi scendere le scale, il taxi partire e rimanevo sdraiata a contemplare il soffitto, in attesa che lui ritornasse dal lavoro.

martedì 17 agosto 2010

Decimo comandamento

La porta si chiuse e rimasi sola, nel letto. L'aria fresca della sera asciugò i miei occhi umidi di un pianto che non sgorgava. Assaporai sulle mie labbra il suo tocco leggero, per un attimo desiderai sciogliermi fra quelle lenzuola per rimanere lì ad accogliere i loro corpi uniti. La notte scese silenziosa a cullarmi fra le sue braccia, e mi svegliai che un leggero raggio di sole ne allontanava già le brume. E poi furono parole taciute e paura, desiderio di istanti che non sarebbero arrivati e la consapevolezza che non avrei mai potuto appartenere a quel fragile mondo di una deliziosa tazzina di caffè, un treno mi portò via, e non mi restava che confessare quell'ultimo peccato, quell'ultimo comandamento infranto, come la mia anima. 

martedì 6 luglio 2010

Sussurro "t'amo" alla tua schiena

Quel gesto repentino, inaspettato, lacera ogni certezza. Tu abbatti il muro che ci separa, mi trascini a te, e mi rendi tua. Poi giaciamo quasi addormentati, il tuo corpo bianco sembra opalescente nella notte calda, appoggio le mie labbra alla tua schiena e sussurro impercettibile quelle parole che non riesco a dirti per il timore di ciò che risponderai. Ora sorrido stupida mentre gli occhi si riempiono di dolci lacrime, tu brontoli qualcosa, forse nel sonno, d'improvviso ti alzi lesto dal letto, ti rivesti e fuggi via, e a me restano le parole che sussurrai alla tua schiena, due piatti sporchi da lavare, un po' di cioccolato allo zenzero e il cuore che palpita, oh, sì, palpita di illusione.

mercoledì 23 giugno 2010

Un pomeriggio in un caffè.

Il respiro si fece faticoso, stentato. Un singulto leggero le scosse le spalle. Lei lasciò scivolare dalle spalle l'impermeabile che si accartocciò contro la spalliera della sedia. Vidi la sua schiena nuda. Lei si voltò un istante a richiamare l'attenzione di un cameriere troppo indaffarato, lui finse di non vederla. Si portò una mano al viso (mi domandai se stesse asciugando una lacrima). Rimase quasi immobile, la mano giocherellava nervosa con un sottobicchiere. Io intanto bevevo un cattivo caffè, svogliato e in cerca di un'ispirazione che non arrivava.
Poi il cameriere le si avvicinò, lei ordinò (cosa, mi domandai ozioso), io decisi di averne abbastanza e mi alzai. Le passai accanto e nelle narici mi avvolse un profumo d'infanzia, zucchero e cannella e piccoli fiori gialli. La guardai in volto, notai il trucco un po' sfatto, l'aria triste di chi aspetta qualcuno che non verrà più, che non verrà mai. Le sorrisi..

lunedì 17 maggio 2010

Ersatz


Non ne era rimasta nessun altra. Giaceva triste, abbandonata su quello scaffale, un po' sgualcita dalle mani dei compratori che l'avevano afferrata per poi rimetterla lì, senza comprarla. Non aveva difetti, no, ma era un poco impolverata, aveva insomma l'aria di essere lì da troppo tempo, in attesa di un acquirente che apprezzasse il suo sguardo triste. Per un istante pensò di fingere, di sfoggiare uno sguardo accattivante e malizioso, sorrise di se stessa con una certa ironia, quand'ecco che lui la afferrò. Certo, lei non era proprio il modello che desiderava, decisamente sembrava un po' troppo datata e complicata, considerò che forse non avrebbe dovuto accontentarsi, ma era stanco di cercare, i piedi gli dolevano, la notte calava sulla città e lui voleva rincasare prima che le tenebre fossero scese sul mondo. La prese, pagò alla cassa e le sorrise. "Ora sei mia", le disse. "Ora sono tua", lei rispose.  

martedì 11 maggio 2010

I fiori che gettai

Una fredda notte di primavera, i miei passi risuonano sul selciato mentre aspetto il tuo arrivo. Poche auto per le strade vuote, alberi fioriti sprigionano un impercettibile profumo di miele e dolcezza, ed un languore che scuote i sensi, che fa desiderare invano labbra soavi e timidi sguardi, gesti arditi e parole che incidono l'anima. Mi fermo ad annusare l'aria, un piccolo movimento appena percepito nell'oscurità. Sorrido. Sorrido e mi volto verso di te. "Sei qui". Tu abbassi il capo, in terra giacciono petali portati dal vento. "Sei qui", ripeto. Ora appari triste, ora mi sussurri piano: "No".

lunedì 3 maggio 2010

Il cuore

Frugai fra le sue carni straziate. Ero convinto che non lo avrei trovato, di certo non poteva possederlo. Mi accorsi appena del mio corpo imbrattato dal suo sangue. E poi, invece, lo vidi. Allungai lentamente la mano per afferrarlo, le dita protese ma incerte. Eccolo. Un lungo squarcio lo aveva lacerato, notavo che altri punti recavano i segni di ferite passate. Quindi non mentiva. Anche lei ne possedeva uno. Riflettei un istante. Poi un leggero luccichio sul suo viso attirò la mia attenzione. Una lacrima rigava il suo volto esanime. Sospirai.

mercoledì 28 aprile 2010

Tramonto

Lui si allontana veloce, ora. Ogni passo risuona più fioco, l'immagine svanisce e resta una dolce malinconia che strazia le viscere, resta il sapore di un ultimo bacio sulle labbra ora bagnate di pianto, resta il desiderio mai sopito del suo tocco lieve sul mio corpo che già si dissolve, che già si sgretola per la sua assenza. La notte arriva, a riempire di buio i suoi spazi luminosi, io sono nulla ormai, le tenebre mi avviluppano e non mi resta che ululare alla luna.

mercoledì 21 aprile 2010

Piccola digressione

Decido una piccola fuga, nessuno mi insegue fra i vicoli perduti di locali equivoci. Mimetizzata da un passato che ora fingo di non aver vissuto, oscillo la testa a ritmi tribali, brandisco un rossetto acceso come segnale distintivo di ciò che sono, bevendo un the troppo caldo di zenzero. Ascolto parole vuote, mentre cerco Dio in una sfera stroboscopica (la musica palpita dentro di me), i piedi battono il ritmo, tu sei altrove (tu sei sempre altrove) ed io invece no.

domenica 18 aprile 2010

Il fidanzato immaginario

Per un istante temo che lui non arrivi. Poi mi volto, uno strano presagio, e lui è lì, perfetto, sorridente e nervoso, come sempre. Io mi sento svenire dalla gioia, fingo di non provare alcun sollievo, vorrei poterlo toccare ed invece nulla. Ma poi lui osserva il mio vestito sorpreso, io spero di piacergli, so di non essere bella, so che il suo sguardo è attratto da altre donne, ma cerco in ogni modo, pateticamente, di compiacerlo. Una strana tristezza mi assale, e poi sono di nuovo sola, lui è svanito, nel sole di una domenica pomeriggio, io resto in un caffè ad inseguire sogni e ad inventare parole che riempiano gli spazi della sua assenza.

sabato 10 aprile 2010

Anime

D'improvviso ti sveli, appena un poco, parole sussurrate, la tua vita che offri, mi vedi appena, sai che stai giocando d'azzardo, sai che sei andato troppo oltre. Un passo indietro, senza guardare, ed ecco il baratro. Inciampi, barcolli, ed io allungo una mano. Ti afferro, lascio che il tuo corpo si affidi a me, totalmente. E poi una spinta violenta, ti scaglio nello spazio aperto, tu precipiti. Ma è un attimo, anche io mi getto dietro di te in quegli abissi, ti raggiungo in quell'infinita caduta, ti stringo a me ed attendo che i nostri corpi si sfracellino nel peccato.

mercoledì 7 aprile 2010

Una fantasia

Lui insinua una mano fra i bottoni del mio soprabito, tremante, con sussiego. Sfiora la pelle tesa del mio petto, scivola in basso, verso il cuore. La mia pelle è gelida e sudata, allo stesso tempo. Ora mi sostiene, accompagnandomi all'aria aperta, io sono in preda alle vertigini, la vista annebbiata. Lui parla, parole di conforto, io mi lascio trascinare (verso dove?) senza opporre alcuna resistenza. La luce del sole mi abbaglia, vacillo, poi i sensi si snebbiano, riprendo a respirare e lo guardo, lo guardo per la prima volta, e sorrido.

domenica 4 aprile 2010

Una notte di assenza

Era la mancanza del suo corpo accanto al mio, una dolorosa amputazione che non riuscivo a superare. Lo strazio fisico mi impediva di dormire, mi rigiravo immaginando la sua bocca altrove, pensieri dolorosi nelle tenebre di una notte piovosa e fredda, le sue mani su un'altra donna, il suo piacere che esplodeva senza di me, senza che io potessi godere dell'istante in cui il suo sesso perfetto deflagrava. Poi venne la stanchezza, il digiuno penitente addormentò i miei sensi e sogni contorti fino all'alba. Aprii gli occhi. Un piccolo, timido raggio di sole filtrò fra le spesse tende. Lui non c'era. Mi alzai, mi affacciai alla finestra. In strada uno spazzino fischiava piano.

martedì 30 marzo 2010

Il principe

Lo sbircio, rapidi sguardi per non farmi sorprendere. Sbircio il suo nobile profilo, le sue labbra dolci, chiuse e morbide. Trattengo quasi il respiro, affinché lui non sia turbato dalla mia presenza. Sbircio la sua pelle liscia e candida, laddove sparisce celata dal colletto inamidato di una camicia perfetta. Sbircio le sue mani, che stringono eleganti una penna nera. Sbircio i ghirigori che lascia sul foglio, parole d'inchiostro che raccontano un mondo a me sconosciuto, che raccontano un sogno mai avverato. Essere accanto a lui, in silenzio. Risplendere della sua luce. Null'altro.

venerdì 26 marzo 2010

Idolo

La obbligo ferocemente a prostarsi ai miei piedi, in adorazione del mio corpo, in adorazione della mia potenza. Lei giace abbandonandosi completamente al suolo, una mano avvinta alle mie caviglie, la testa china a sfiorare la nuda terra. E poi un attimo, un lampo. Lei volge il suo sguardo su di me. Mi trafigge con il suo scherno, mi trafigge con l'ardire della sua azione. I suoi occhi limpidi, puri e maliziosi al tempo stesso, bramosi e divini, violentano la mia pelle candida, si soffermano sul mio volto, fra le sue labbra rosse guizza impudica la lingua. Avverto l'odore della sua eccitazione, la rabbia mi assale e vorrei colpirla, ma non posso, la mia pelle non può toccare la sua, insozzerei la mia anima, soccomberei al desiderio.    

giovedì 18 marzo 2010

Zucchine sparse (una cena rubata)

Tu mi cingi,
mentre brandisco
maldestra
un coltello contro
ortaggi inermi.
L'acqua nel lavello
scorre
fredda
limpida.

Tu mi cingi,
il tuo corpo triste
dolce
affamato
contro il mio.
Ortaggi inermi
affettati
cadono in ciotole capaci.

Io mi volto,
in mano
ancora il coltello
che uccise
le nostre prede vegetali
mentre sul fuoco
cuoce la pasta.

mercoledì 17 marzo 2010

Fusionale

Le sue dita premono ora forte sulla mia nuca, la pelle si tende dolorosamente, e d'un tratto si lacera. Le sue mani entrano nella mia carne ora, affondano fino all'osso procurandomi una sensazione elettrica che arriva fino al cervello, inondandomi di dolore e piacere al tempo stesso. Le sue mani continuano a sprofondare in me, nel mio corpo lacerato che si apre per accoglierlo, grosse gocce di sangue cadono sulle sue scarpe lucide, sui miei piedi nudi. Il suo corpo entra in me, poi d'improvviso mi volto e lui è sparito, accarezzo la mia nuca e percepisco il suo calore, il suo tocco caldo, la sua pelle nella mia.

lunedì 15 marzo 2010

Una notte insonne

Lei aspetta il rumore dalla porta che si chiude alle sue spalle. Ma lui è fermo sul pianerottolo, le mani che tremano un poco appoggiate alla maniglia, incapaci di aprirla. Lei vorrebbe supplicarlo di restare, di non andare via. Rimane in silenzio, mentre lui cerca la forza di uscire nella notte quieta e silenziosa di quei giorni di quasi primavera. Il tempo pare rallentare, dilatarsi e dissolversi, poi lui apre la porta, lei smette di trattenere il respiro, per strada qualcuno grida, lei si rigira nel letto stanca aspettando un sonno che non verrà.

martedì 9 marzo 2010

In terra

Mi lascia cadere ai suoi piedi. Lui finse di non accorgersene, mi calpestò senza fermarsi, le suole delle sue scarpe affondarono nella mia carne lacerandola, e lui passò oltre. Lo seguii con lo sguardo, lo vidi lanciarsi nella vita con un ardore che a poco a poco si affievoliva. Io rimanevo in terra, rimanevo distesa incapace di alzarmi, incapace di trovare un appiglio per risollevarmi da quella strana prostrazione dell'anima in cui mi ero gettata consapevole vittima di un sogno troppo ardito per essere realizzato.  Rimanevo in terra a guardare l'erba rinverdire dopo un inverno freddo che ne aveva gelato le radici, rimanevo in terra ad annusare i timidi fiori che annunciavano che era giunto il tempo di alzarsi, e correre da lui.

mercoledì 3 marzo 2010

Eretica (erotica?)

Mi inginocchiai a pregare. Percepivo il freddo del pavimento sotto le ginocchia, reclinai un poco il capo, e mi accorsi dell'inopportuno erotismo di quella posizione, mi accorsi dell'inopportuno erotismo che scaturiva in me in quella circostanza. Avrei dovuto pentirmi, di cosa non so. Ma in realtà mi eccitava quella strana commistione di peccato percepito, redenzione, spiritualità carnale, quell'anelare al divino altrove, ben conscia che il divino era in me. La negazione che avrei dovuto impormi in quei momenti, la negazione della mia carne, dei miei sensi, mi appariva il vero male, la scissione del mio corpo dalla mia anima il peccato originale che dovevo redimere. Pensai a Cristo, il suo essere uomo e Dio, ecco, il vero messaggio. Sorrisi. Aprii gli occhi e lo vidi, poco distante, accanto all'altare. Lui osservava il mio corpo inginocchiato, ed immaginava.

lunedì 1 marzo 2010

La carezza

Poi lei si accoccolò al suo fianco, la mente vuota ed i sensi satolli. Lui si girò verso di lei, ed ecco. Quel gesto inaspettato. Un carezza lieve sul suo viso. Lei fremette, per un istante temendo di impazzire. Un piccolo schianto, una breccia nell'armatura di ghiaccio del suo cuoricino. Spalancò gli occhi, poi nascose il viso nell'incavo della sua spalla, perché lui non vedesse, perché lui non capisse. Ma lui non guardava, lui si domandava soltanto per quanto tempo avrebbe dovuto ancora fingere un qualche interesse (un minuto, cinque? di più?) prima di potersi rivestire senza sentirsi troppo in colpa (un po' in colpa si sentiva sempre, comunque), prima di poter tornare alla sua vita, alla sua vera vita, lontano da quella squallida stanza dove i suoi sensi prendevano il sopravvento, dove quel corpo lo attendeva smanioso ogni volta che desiderava calarsi negli abissi della sua perdizione.

lunedì 22 febbraio 2010

Un telefono suona

Lei rimane in attesa di un telefono che non suonerà. Intanto il cielo scurisce su quella città ignota. Lei guarda fuori dalla finestra, il fiato appanna leggermente il vetro freddo che la separa dalle lunghe ombre che avvolgono strade lucide di pioggia e selciato. Tutto è silenzio, tutto tranne il suo cuore che violento batte nel petto non lasciandole tregua. Una sottile disperazione si impossessa di lei, mentre il tempo scorre (lento? eterno? velocemente immobile nel suo sfaldarsi?). Lei apre appena la finestra. Uno spiffero di aria fredda le colpisce il volto, uno strano turbamento la risveglia da quel torpore nervoso, gli occhi lacrimano, troppo, forse, forse quelle lacrime sono già pianto. E poi è un attimo, sale sul davanzale e spicca il volo nella notte buia, al di là del vetro, al di là della vita. Drin.    

domenica 14 febbraio 2010

Walk together


Cammino lenta, cauta sul selciato viscido di ghiaccio pioggia e cielo caduto. Tu accanto parli di qualcosa, non ti ascolto, tutta la mia attenzione è rivolta ai miei passi incerti. Poi scivoli, appena. Un gesto e ritrovi il tuo abituale equilibrio, è stato solo un piccolo smarrimento. Io mi fermo. Mi fermo e ti guardo. Mi fermo, ti guardo e mi avvicino, afferro il tuo braccio e ti sostengo, mentre tu mi sostieni. Camminiamo avvinti ora, i nostri passi sono decisi, nulla più ci spaventa, non il ghiaccio, non la strada buia, non questo cielo che continua a cadere.

martedì 9 febbraio 2010

Lo specchio

Mi vidi nello specchio. Lui era alle mie spalle, nascosto in parte da me. Mi guardai e mi accorsi, forse per la prima volta, della mia bellezza assoluta. Ero bella, il volto arrossato e luminoso d'eccitazione, i capelli neri e lucenti, spettinati e liberi, veri. Gli occhi brillavano come ossidiana sotto i bagliori della luna, la pelle era velluto di seta candida. Sorrisi a me stessa. Lui, alle mie spalle, non esisteva più, i miei sensi valicavano i confini del mio corpo, di quella stanzetta vuota, di quella luce obliqua che proveniva da non so dove. Mi sorrisi. Poi lui ansimò, mi voltai e vidi la sua eccitazione esplodere fra le sue mani, vidi il suo desiderio (di me? o semplice desiderio? non so) trasformarsi in gocce di piacere. Mi specchiai nei suoi occhi e vidi la mia perfezione divenire la sua dannazione.

lunedì 1 febbraio 2010

Un granello di sabbia intrappolato fra le pieghe della sua giacca

Mi innervosivano i suoi urli, piacere o dolore che fosse. Risuonavano a lungo nelle mie orecchie, anche nel silenzio, anche dopo che me ne ero andato, turbandomi profondamente, lasciandomi frastornato ed inquieto per ore. Zittirla era quasi impossibile, tentai una volta invano infilandole in bocca le mutandine appallottolate mentre la sodomizzavo, e nonostante tutto i suoi osceni mugolii, seppur ovattati, erano percepibili attraverso la stoffa. Temevo che ci sentissero fino in strada, il suo piacere oltrepassava le pareti per infrangersi nelle orecchie dei passanti, il suo perverso piacere risuonava nelle orecchie del mondo intero.  

giovedì 28 gennaio 2010

Fame

Lei ascolta il rumore della porta che si chiude. Lui se n'è andato. Per un attimo trattiene il respiro. Poi si rifugia fra le coperte che sono impregnate ancora di lui, del suo calore, del suo odore, del suo corpo. Chiude gli occhi fingendo che lui sia ancora lì, accanto a lei. L'ennesima menzogna. In strada un'auto parte. Lei si alza dal letto, girovaga nuda per la stanza buia. Raccoglie i vestiti da terra e si riveste, lentamente, con cura. Sorride davanti ad uno specchio, mettendosi il rossetto. Afferra la borsetta, una giacca ed esce. La notte è appena calata.

martedì 26 gennaio 2010

L'estranea

Rimango immobile per un attimo che sembra eterno, il capo fra le mani e gli occhi serrati per non guardare la tua vita senza me, per non guardare le stanze dove vivi, i pavimenti che calpesti, le finestre a cui ti affacci. Rimango immobile su quel divano, provando un dolore che non so descrivere, mentre fingo di sorridere, il mio corpo estraneo occupa uno spazio che non gli appartiene, il mio cuore estraneo sanguina sporcando un tappeto persiano, tu mi rimproveri ed io non posso che amarti.

mercoledì 20 gennaio 2010

Riflessi

Lei si affacciò pericolosamente sul parapetto del ponte, sporgendosi ad ammirare i giochi di luce sull'acqua torbida della Senna. Rideva infantile, salutando i turisti sui Bateaux Mouches, mentre io mi avvolgevo stretto nel cappotto a ripararmi dal vento gelido del nord che spazzava il cielo arancione di luci e nebbia. Mi guardò malinconica, per un istante. Io ero nervoso, disprezzavo me stesso per non riuscire a resistere al suo richiamo (carnale?), e mi domandai chi fosse realmente quella donna che ora appoggiava il suo capo sulla mia spalla, il suo profumo forte nelle mie narici, le sue labbra avide sulle mia. Mi parve di sentire il suo cuore battere nel petto, accanto al mio.

lunedì 18 gennaio 2010

Una domenica, in chiesa

Mi pare quasi di scorgere una lacrima intrappolata fra le lunghe ciglia nere di lei, durante la preghiera. Lui siede un poco distante, ogni tanto un'occhiata fugace nella sua direzione. Lei ha un'aria triste, quasi afflitta, eppure irradia una certa luce. In lui invece noto una strana mestizia ed un fervore quasi impudico. Nessuno dei due si comunica, nessuno dei due si reputa degno del perdono di Dio.
Rimango ad osservarli andare via insieme, vicini ed in silenzio. Per un istante ho la sensazione che la mano di lei scivoli in quella di lui, ma è davvero solo un istante, soltanto un'illusione. Fuori, l'inverno non è ancora terminato.

mercoledì 13 gennaio 2010

Una notte

Sedevo nella vetrina di un bar, in strada luci di taxi e passi veloci, sprofondando nella notte più buia aspettando il sonno che tardava ad arrivare. Tu entrasti distratto, troppo elegante, troppo perfetto (come sempre-non sai quanto io detesti il fatto che tu sia così impeccabile, nella tua camicia bianca, nei tuoi vestiti eleganti, con le scarpe lucide e l'ombrello appeso al braccio) e non ti accorgesti di me, eri di fretta, evidentemente. Curiosa sbirciai nella via. Lei ti aspettava in auto, controllava il suo trucco in uno specchietto, lunghi capelli biondi, labbra rosse ed una pelliccia sgargiante. Immaginai che l'avessi trovata in qualche periferia lontana. Tu ordinasti qualcosa da portare via, un paio di panini, acqua. Io sgattaiolai fuori, senza che tu te ne accorgessi. Per un attimo pensai di piangere. Solo per un attimo.


lunedì 11 gennaio 2010

Quel che ho di te

Lui rimane in piedi, vestito, a fianco del letto su cui giaccio nuda. Con la punta delle dita sfiora appena il mio ventre. Una smorfia dolorosa di disgusto deturpa il suo bel volto. Avverto il mio cuore spezzarsi, la mia imperfezione rivelata ai suoi occhi ormai disincantati. Eppure sorrido lasciva, sprofondando nei miei più segreti anfratti l'amarezza di quella rivelazione. E continuo a sorridere quando la sua mano mi colpisce con forza, per punirmi della mia indecente lussuria, continuo nonostante il dolore dei suoi ordini innaturali. Continuo a sorridere quando lui se ne va, lasciando sul letto tracce di lui, lasciando sul letto il pagamento di quell'ora di perdizione.