lunedì 22 febbraio 2010

Un telefono suona

Lei rimane in attesa di un telefono che non suonerà. Intanto il cielo scurisce su quella città ignota. Lei guarda fuori dalla finestra, il fiato appanna leggermente il vetro freddo che la separa dalle lunghe ombre che avvolgono strade lucide di pioggia e selciato. Tutto è silenzio, tutto tranne il suo cuore che violento batte nel petto non lasciandole tregua. Una sottile disperazione si impossessa di lei, mentre il tempo scorre (lento? eterno? velocemente immobile nel suo sfaldarsi?). Lei apre appena la finestra. Uno spiffero di aria fredda le colpisce il volto, uno strano turbamento la risveglia da quel torpore nervoso, gli occhi lacrimano, troppo, forse, forse quelle lacrime sono già pianto. E poi è un attimo, sale sul davanzale e spicca il volo nella notte buia, al di là del vetro, al di là della vita. Drin.    

domenica 14 febbraio 2010

Walk together


Cammino lenta, cauta sul selciato viscido di ghiaccio pioggia e cielo caduto. Tu accanto parli di qualcosa, non ti ascolto, tutta la mia attenzione è rivolta ai miei passi incerti. Poi scivoli, appena. Un gesto e ritrovi il tuo abituale equilibrio, è stato solo un piccolo smarrimento. Io mi fermo. Mi fermo e ti guardo. Mi fermo, ti guardo e mi avvicino, afferro il tuo braccio e ti sostengo, mentre tu mi sostieni. Camminiamo avvinti ora, i nostri passi sono decisi, nulla più ci spaventa, non il ghiaccio, non la strada buia, non questo cielo che continua a cadere.

martedì 9 febbraio 2010

Lo specchio

Mi vidi nello specchio. Lui era alle mie spalle, nascosto in parte da me. Mi guardai e mi accorsi, forse per la prima volta, della mia bellezza assoluta. Ero bella, il volto arrossato e luminoso d'eccitazione, i capelli neri e lucenti, spettinati e liberi, veri. Gli occhi brillavano come ossidiana sotto i bagliori della luna, la pelle era velluto di seta candida. Sorrisi a me stessa. Lui, alle mie spalle, non esisteva più, i miei sensi valicavano i confini del mio corpo, di quella stanzetta vuota, di quella luce obliqua che proveniva da non so dove. Mi sorrisi. Poi lui ansimò, mi voltai e vidi la sua eccitazione esplodere fra le sue mani, vidi il suo desiderio (di me? o semplice desiderio? non so) trasformarsi in gocce di piacere. Mi specchiai nei suoi occhi e vidi la mia perfezione divenire la sua dannazione.

lunedì 1 febbraio 2010

Un granello di sabbia intrappolato fra le pieghe della sua giacca

Mi innervosivano i suoi urli, piacere o dolore che fosse. Risuonavano a lungo nelle mie orecchie, anche nel silenzio, anche dopo che me ne ero andato, turbandomi profondamente, lasciandomi frastornato ed inquieto per ore. Zittirla era quasi impossibile, tentai una volta invano infilandole in bocca le mutandine appallottolate mentre la sodomizzavo, e nonostante tutto i suoi osceni mugolii, seppur ovattati, erano percepibili attraverso la stoffa. Temevo che ci sentissero fino in strada, il suo piacere oltrepassava le pareti per infrangersi nelle orecchie dei passanti, il suo perverso piacere risuonava nelle orecchie del mondo intero.