domenica 26 marzo 2006

Luce

Lo sguardo spazia verso la luce infinita di una giornata qualunque, ed ogni errore commesso è un gradino in più verso la comprensione, verso l'unione di anime e spiriti. Io vorrei così tanto essere un perfetto raggio di sole in questa terra misteriosa e stupenda, e se solo mi lasciassi trasportare dalla brezza del cuore brillerei di tale splendore da abbagliare ogni atomo del nostro essere, e davvero accadrebbe se solo riuscissi a tagliare i fili d'oro falso che mi impediscono di librarmi sopra il peso di troppe paure, di troppi sogni traditi. Ma io spero ancora nelle ali che mi hai donato.

sabato 25 marzo 2006

Corro ancora

Ancora vuoi che io scriva i tuoi desideri più inconfessabili, corpi uniti e umidi di piacere, si sfiorano appena rabbrividendo il contatto quasi inaspettato seppur a lungo atteso, ed una strana rabbia riempie il tuo sesso stanco di troppa vita e poco amore, labbra socchiuse a sfiorare appena le tue certezze, uno strano tentativo di trattenerti quando l'unica sensazione che vorresti provare sarebbe quella di esplodermi in faccia, ma io non so davvero cosa potrebbe eccitare il tuo sguardo che troppo ha visto e la tua pelle che troppe volte ha cercato mondi lontani, e sorrido inquieta mentre corro ancora via da te.

La valigia

Arrotolo le mie ultime magliette stanche e faccio posto perché le scarpe stiano comode nella piccola valigia dei miei lunghi viaggi, due pantaloni, due gonne, un vestito, e burro da spalmare sulla pelle arrossata dal sole, allora due costumi e un sogno, una maschera e le immancabili pinne, un libro bello e un libro facile e la valigia è pronta, ed un nuovo viaggio scorre tra le dita dei miei piedi e tu mi domandi come mai la mia valigia sia così leggera e io non so che dirti, questo è tutto ciò che possiedo, come un barbone che in due sacchetti ci fa stare un’intera vita, la mia mente, oh, quella sì che è ingombra, ma sto sfoltendo anche lì, pensieri non degni di essere pensati e ricordi che non servono a nessuno e le sensazioni, quelle posso ancora provarle…

Mediocritas

Lei mi disprezza. Mi guarda dall’alto del suo regno con una smorfia disgustata e valuta le mie parole vacue e spregevoli. Io so di non essere ciò che vuole, non abbastanza affascinante, non abbastanza intelligente, non abbastanza colto. Sto sempre zitto, e quando lei mi domanda qualcosa, so che le mie risposte l’annoiano. Lei detesta il mio corpo. La mia presenza fisica costituisce un ingombro al suo spazio, al suo essere perfetto, alla sua bellezza divina. Quasi la deturpo, uno sfregio sulla sua pelle morbida e tesa e profumata. Ogni volta che lei mi guarda io mi sento annichilire, sprofondare nel più assoluto disprezzo di me stesso. Davvero, non capisco perché mi ami.

lunedì 20 marzo 2006

Fedeltà


Le domando se è fedele. Ride. “Questa domanda è un trabocchetto. Se ti rispondessi di sì, tu penseresti di non aver nessuna possibilità con me; ma, se ti rispondessi di no, ti darei l’impressione di una donna amorale. Entrambe le possibilità non possono essere contemplate contemporaneamente? La verità è che sono fedele solo a me stessa. Giurare fedeltà ad un’altra persona mi è sempre sembrato insano. Come posso sapere che il mio cuore non batterà mai per nessun altro? Come posso impedire al mio cuore di battere per qualcun altro? Se proprio vuoi sarò onesta. Ti dirò se un altro uomo ha preso spazio nel mio cuore. Eppure il mio cuore è abbastanza grande per più di un uomo, il mio amore per te potrebbe essere intatto. Ma ciò che ti preoccupa non è il mio cuore. Tu vuoi che il mio corpo sia fedele. Il piacere che un altro può darmi ti spaventa. Hai paura che mi porti via da te. Ma l’amore non si misura a mugolii. Allora, ti ho risposto?”. La guardo. Quello che volevo sapere era chiaro. Volevo sapere se avrebbe scopato con me nonostante fosse sposata con un altro. Secondo me, ci sta.

domenica 12 marzo 2006

Riposo

Cado stremata in un letto troppo morbido dopo una lunga giornata passata a guardare la vita. Nella stanza accanto due donne si baciano smaniose e tu mi domandi di imitarle, ma io davvero non ne ho la forza, e tento inutilmente di dissuaderti allettandoti con una doccia che spazzi via la polvere dai tuoi pensieri ed una vecchia vasca smaltata sarebbe volentieri il mio talamo, poi girovaghiamo, vestiti a festa, sorseggiando the davanti ad un enorme caminetto e quando scende la sera una zanzariera ci protegge dal mondo mentre il sonno ristora i nostri occhi stanchi di sole e di vento.

sabato 11 marzo 2006

Aspirapolvere

Sei arrivato con una fiaschetta di liquore ed una stupida giacchetta arancione ed il tuo inglese buffo, da cartone animato, era quasi peggio del mio. Barcollavi fino al terrazzo, incurante della temperatura polare, con una birra in mano e mi domandavi se io non avessi paura dell'altezza, ma io negavo, guardandoti apprensiva sporgerti troppo ad inseguire l'ennesimo fiocco di neve. Mi mostrasti la foto dei tuoi figli, due angeli biondi, quasi albini, che mi ricordavano extraterrestri di un film di cinquant'anni. Cantavi aspirapolvere a pieni polmoni, ed in fondo invidiavo il tuo assurdo entusiasmo alcolico. Francamente, non ho mai capito quale fosse il tuo nome.

lunedì 6 marzo 2006

Acqua

Ho sete. Ho davvero sete, la bocca arsa dal sale e dal freddo secco di una giornata ventosa. Ma il mio stomaco si rifiuta di accogliere acqua, al solo pensiero si stringe acido e dolente, ignaro del mio bisogno impellente di bere.Non so che fare, mi agito nervosa e tu mi accarezzi una mano e domandi cosa puoi fare e io ti guardo vacua e non ho quasi più la forza di parlare, la gola simile a polvere di una soffitta abbandonata, e poi ti domando: "Un bicchiere d'acqua, ma non acquosa". Tu non capisci. Ti fermi interrogativo. Scoppiamo a ridere. Una risata come cascata cristallina.

venerdì 3 marzo 2006

Da qualche parte

Guardo curiosa il panorama sfrecciare oltre i finestrini dell’auto. L’autoradio gracchia e tu parli mentre guidi veloce e sicuro su un’autostrada quasi vuota tra una partenza ed un arrivo. Parli di storie lontane, il tuo passato che riaffiora nelle rughe intorno ai tuoi occhi, e riempie quelli che finora sono stati lunghi, eterni silenzi, così tutto il tuo essere assume quasi un senso, una ragione di esistere, e tutte le tue azioni sono illuminate dal faro della logica, della tua logica, certo, e se io ti ascoltassi, capirei ciò che realmente sei. Ma io non ti ascolto, guardo curiosa il panorama che sfreccia oltre i finestrini dell'auto.

L'ultimo uomo

Si muove lento tra la folla di un giorno strano, quasi distaccato dal mondo che lo circonda. L’aria fredda dell’inverno brucia sul suo volto, in gola, nei suoi polmoni. Respira piano, controllato. Quasi non si capacita di essere lì, ma al tempo stesso esercita sul suo corpo tutto il controllo di cui è capace. Non può riflettere su ciò che deve fare, ne impazzirebbe. Uccidere. Non ha mai ucciso, non sa nemmeno se ci riuscirà, il fallimento non è così improbabile. Non deve pensare. Deve solo solcare la folla e arrivare lì, davanti all’ultimo uomo. Cammina sempre più lento, quasi si ferma. “Non pensare”, si ripete. Ma non riesce, non riesce a non pensare, ed una strana sensazione affiora dal suo petto, quasi dolorosa, a ricordargli qualcosa. Ma cosa? E poi si ritrova lì, davanti all’ultimo uomo. Si guardano per un lungo istante, e lui percepisce che l’ultimo uomo sa perché lui sia lì, e all’improvviso il dolore nel suo petto esplode e la sua mente ricorda. L’ultimo uomo è come lui, sangue, pelle, carne, cervello, cuore ed anima. Sono uguali. Avverte il peso freddo del revolver nella sua mano. L’ultimo uomo gli sorride. “Ora puoi uccidermi”, gli sussurra, “ora non sono più l’ultimo uomo”.