giovedì 16 febbraio 2006

La seconda notte


Il villaggio se ne stava lì, abbarbicato sulle rocce in mezzo al nulla. Il sole stava scendendo lento verso ovest, dopo averci cotto i pensieri e la pelle. Avevamo sete, la bocca impastata dalla polvere del deserto, gli occhi stanchi della luce e della vita. Lui mi indicò la casa. Là avremmo consumato la prima notte. Lui era nervoso, non riusciva a credere che avessi acconsentito a quel rito così oscuro ai miei usi. Temeva, a ragion veduta, di non essere il primo. Mi avevano fatta vestire interamente di nero, una vedova della libertà perduta.Un po' mi veniva da sorridere, non fosse stato per la sete, oh, la sete terribile.
La casa era addobbata a festa. Le donne ci accolsero tra strani suoni. Io desideravo solo bere, lavarmi e dormire. Dopo ore interminabili ci accompagnarono in camera, ci facero svestire e coricare l'uno accanto all'altro, e rimasero lì, a guardarci, in attesa di che, non so. Mi voltai verso il muro e mi addormentai in una manciata scarsa di secondi.
La tragedia che scatenai con il mio comportamento fu terrificante. Temetti addirittura che lo cacciassero di casa, poiché non si era rivelato abbastanza uomo da far valere i suoi diritti. Cercai di ammansirli accollandomi ogni colpa. Eravamo molto stanchi, il viaggio ci aveva stremati. Poi, sopraffatta dalle urla, uscii di casa. Nella stalla un asino ragliava. Entrai piano per osservarlo. Qualcuno scivolò alle mie spalle. Mi sentii afferrare e mi girai. Lui mi guardava triste. "Non abbiamo avuto la nostra prima notte", mi sussurrò. Cominciai a spogliarlo piano. Cominciai a spogliarmi piano. Lì, davanti allo sguardo distratto dell'asino, avemmo la nostra seconda notte.

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