lunedì 10 marzo 2014

Uno sconosciuto in una domenica di rabbia

Seguo le indicazioni che mi sussurri al telefono. Una porta socchiusa. Una stanza buia. Fatico a scorgere la tua sagoma. Mi indichi il divano. Mi siedo, nervosa e chiudo gli occhi. Tu mi sfiori. Il mio respiro si fa corto e teso. Non vorrei abbandonarmi alle tue mani, non vorrei lasciare che la tua pelle sfiori la mia. Non ti guardo mentre mi fai bere acqua stantia. Le tue mani si fanno più audaci. Scendono. Ansimo. Continuo a tenere gli occhi chiusi mentre i miei sensi si abbandonano a un piacere sconosciuto. Provo vergogna. Te lo sussurro. Tu mi punisci. Umido piacere sgorga. Poi mi rivesto, la penombra si fa meno nemica, scorgo il tuo volto, i tuoi occhi che mi scrutano. Voglio andare, ma mi trattengo per un istante, ancora. Mi domandi il mio nome. Io non domando il tuo.

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