Fermai l'auto in un piazzale vuoto, un viale di platani ombrosi sotto un cielo di vento e luce. Tu, seduta accanto a me, slacciasti la cintura di sicurezza, lo sguardo perso oltre il parabrezza, silenziosa nella fresca aria che entrava dal finestrino aperto. Tirasti la gonna verso l'alto, a scoprire gambe lunghe e bianche, ed oltre l'orlo intravidi il pizzo nero dei tuoi slip. "Allora, quanto, stavolta?", domandasti. Io tremavo, eccitato e vergognoso. "Quanto sei disposto a darmi?", domandasti ancora. Presi dal portafogli una banconota. Le tue mani avide la carpirono facendola svanire in un fruscio osceno. Poi lo facesti. Sfilasti lentamente le mutandine, un batuffolo di pizzo odoroso di te. Le afferrai avido. Le annusai. Ecco, il tuo odore rimase intrappolato nella mia barba. Pochi attimi di piacere, poi tu: "Allora, andiamo a casa, ora? I bambini stanno uscendo da scuola e ho un mucchio di lavoro da fare". Guardai la fede al tuo dito e mi ricordai perché ti avevo sposata.
Nessun commento:
Posta un commento