lunedì 30 gennaio 2006
Creep
sabato 28 gennaio 2006
Lime
Una storia vera
Ananke
Carbone
E poi fu notte, ed i fari illuminavano a stento la pista intrapresa, e “sei sicuro che sia quella giusta”, ed un impercettibile segno del capo lasciava intuire che sì, era quella giusta, od almeno così ci parve, od almeno così speravamo. Lentamente i nostri sensi si assopirono, cullati da secoli di fatica, e quasi non ci accorgemmo di essere giunti alle porte del villaggio, ed in un attimo il carbone fu scaricato, e la notte non avrebbe mai potuto essere più nera.
Alberi
Un lieve fruscio, la luce che stenta a perforare la spessa coltre di fronde, ed il profumo fresco di aria mischiato a quello della terra, tutto ciò riempie il mio cuore di pace mentre lenta mi aggiro lungo un sentiero tracciato a malapena. Nonostante la mia solitudine sono conscia del brulicare della vita intorno a me, in me. Insetti pigri svolazzano sui miei passi, e lontano scorgo la sagoma di una bufala grigia. Polvere si insinua fra le dita dei miei piedi, e scrollo via una foglia secca che si è insinuata nei miei capelli. Una piccola radura accoglie il mio riposo. Mi soffermo ad osservare sprazzi di luce fare capolino tra i rami ed ecco, esprimo un desiderio. Vorrei essere un albero altissimo, rami tesi verso il cielo e piedi ben piantati a terra, nido per animaletti e frutti per gli uomini. E quando morirò, che il mio legno diventi un tavolo per una famiglia felice, di quelle che non esistono più, o carta, carta per un bel libro, di quelli pieni di sogni e avventure e amore. Bah, finirò carta igienica, come sempre.
domenica 22 gennaio 2006
La poverina aveva una narice occlusa fin dalla nascita
venerdì 20 gennaio 2006
Sud
Tu avvertivi ineluttabilmente che non saresti più stato capace di tornare indietro, sapevi che il Sud aveva ormai rapito la tua anima e quella era la tua casa, il tuo inizio e la tua fine, e nel sole del meriggio ti avvinghiasti alla terra e io depredai un albero di fichi, oh, delizioso miele dei fioroni, e poi non so come, giungemmo a destinazione, la piazza, il caffè, le stanze chiuse dall’anno prima, un idioma lontano, e la vita non avrebbe potuto essere più meravigliosa.
Domenica
Corinne
Passavo il tempo ad indicartele, bambina golosa di panna montata, e la tua ruvida consapevolezza della realtà urtava i miei sogni, quasi tu non fossi mai stato capace di ridere, ma forse era proprio così, forse i sogni potevo solo averli io, con una strada ancora nuova da esplorare, mentre la tua era già segnata dai passi della tua gente. Le tue radici ti impedivano di volare, mentre io, che radici mai ebbi, fluttuavo aquilone in balia di ogni brezza.
Quale fu la giusta via, nessuno lo seppe mai. Ora intesso novelle dove tu sconfiggi ancora l’ennesimo leone stanco, ed ammalio con parole che mai le tue labbra proferirono.
Ciò che rimpiango è di non ricordare il tuo volto, anche se chiudo gli occhi e lo richiamo alla mente, mi restano solo frammenti di te. La tua bocca in una smorfia quando inciampai in un termitaio, le tue mani che mi trascinavano a vedere la danza di un serpente, i tuoi occhi quando ti dissi che me ne andavo.
Freddo
Lui vorrebbe poter fingere un coraggio che non gli appartiene, mentre lei lo sorregge verso casa e vorrebbe voltarsi verso di lei, verso la sua pelle morbida e profumata e sussurrarle le parole proibite, e sente il tremito di lei crescere spasmodico mentre lentamente si avvicinano al destino, ma già si vede schiavizzato dall’amore di lei, oh, sì, già l’immagina insinuarsi nella sua vita e trasformarla in un incubo che non può sostenere, baci e pretese, lei mescola i loro oggetti e i loro corpi, mescola i loro pensieri ed i loro piaceri, una sottile nausea lo assale e deve ancora una volta fermarsi e poi, non si sa come, sono sulla soglia di casa.
Lui la guarda. Lei sa. Ha fiutato la paura. Ha fiutato il freddo. Il suo volto rivela una dolce tristezza, mentre lo sfiora un istante con la mano. E lui incomincia a vomitare.
Il nemico
La casa era di argilla cruda, adagiata lungo un canale, fuori poveri panni stesi ad asciugare, ed il profumo del montone stufato e okra e dolci di miele e mandorle. Il the dolce di menta e zucchero lavò in un solo istante la stanchezza degli ultimi chilometri mentre una mano soave versava per noi acqua in un catino a sciacquare via polvere e vento dai nostri corpi. Sedemmo insieme al desco, e la nostra fame era la loro ed i loro gesti erano i nostri, un solo pensiero verso la notte che scendeva veloce lungo il fiume magico.
Poi ci sdraiammo, solo il gracidare delle rane accarezzava i le nostre menti, mentre tutta l’umanità sembrava confluire in quell’attimo beato, dove l’unione è l’unica verità che freme alla dolce brezza dell’infinito.
Lontano le bombe continuavano a cadere.
Tramonti, c'è ancora chi li fotografa
All’improvviso il cielo si squarcia e mi ritrovo incantata ad osservare nuvole infiammate, cosciente di essere perlomeno un po’ patetica, circondata dall’algida efficienza di un mondo circostante che non mi appartiene e forse ci vorrebbe un sorso di rose e vodka, e continuando a camminare con il naso all’insù, sbatto inevitabilmente contro il mio futuro prossimo “dovresti stare più attenta, guarda dove vai”, neanche lo sapessi.
Ma le nuvole, loro, sanno dove andare?
Gli ultimi raggi di un sole lontano illuminano ancora per un attimo i miei pensieri, poi scende la sera e mi ritrovo come sempre alla ricerca di un senso nel giorno appena passato, e c’è, so che c’è, ma in un certo momento me ne sono scordata, forse mentre con lo sguardo seguivo le nuvole nel cielo.
mercoledì 18 gennaio 2006
A zonzo
martedì 17 gennaio 2006
Sangue
Persa
smarrita in un labirinto di colonne. Sbirciai inquieta oltre il cielo ma nell'aria solo un vago ricordo di dune e oasi lontane ormai. Poi qualcuno mi afferrò la mano ed io ritrovai, oh, improvvisa gioia, la terra perduta, ed assaporai ancora l'acre afrore di una pelle bruciata da sole sabbia sale sudore. Scivolai lenta tra il colonnato, sfiorando il granito con la punta delle dita troppo sensibili, quasi scorticate dal mio continuo raspare in cerca di una via d'uscita e con un fil di voce, gola arsa e prosciugata, sussurrai un inudibile "grazie"; ed ecco che fui di nuovo sola ma non più schiava della solitudine. Ora chiudo gli occhi e sento ancora mani afferrarmi e trascinarmi via da un colonnato di follia.
Un'estate
Attesa
In viaggio da ragazzo
lunedì 16 gennaio 2006
Una notte africana
Benvenuti
Siamo attori di un grande gioco, e spesso perdiamo l'occasione per cogliere piccoli momenti di vita cercando l'isola che non c'è.