martedì 29 ottobre 2013
La panchina sul quai
Il movimento lento del suo piede che fa oscillare a tempo una scarpina delicatamente sfilata e trattenuta solo dalle sue dita mi ipnotizza fino a fermare i miei passi, e rimango lì, ebetemente assorto mentre lei, il volto verso il sole e gli occhi chiusi, canticchia sottovoce una strana litania. Il sole scalda la sua pelle nuda, la gonna è risalita alta lasciando intravedere-no, percepire, il punto sacro dove finisce il lecito per iniziare il peccato, l'aria è satura degli ultimi profumi dell'autunno e lei canticchia ignara del mio sguardo, le sue labbra rosee si schiudono e sorridono, la scarpina oscilla pericolosamente sulla punta delle dita dei suoi piedi e poi un piccolo tonfo sordo, ad interrompere quell'estasi momentanea. Lei apre gli occhi, e senza guardarmi cerca con il piede la perduta calzatura, poi gira appena il volto, verso di me e sorride. "Finalmente sei qui".
lunedì 3 giugno 2013
Convalescenza
Quasi immaginai che fossi tu, seduto al tavolino di quel caffè, il viso voltato a metà mentre incuriosito leggevi un menù stanco.
Ma sapevo di raccontarmi l'ennesima bugia, eri distante migliaia di chilometri e milioni di pensieri ti separavano da me, da quella strana notte in cui per sfida appoggiasti le tue labbra sulle mie, consapevole che l'indomani sarei partita, consapevole che l'indomani sarei scivolata via dalla tua vita. Scrollai un poco il capo e mi allontanai, nella mente ancora il ricordo del tuo corpo sdraiato contro il mio, sulle dita la sensazione della pelle del tuo viso, fresca e addormentata.
Mi domandai stancamente per quanto ancora avrei ricordato, per quanto ancora avrei cercato il tuo volto in quello di uno sconosciuto, in un caffè.
Ma sapevo di raccontarmi l'ennesima bugia, eri distante migliaia di chilometri e milioni di pensieri ti separavano da me, da quella strana notte in cui per sfida appoggiasti le tue labbra sulle mie, consapevole che l'indomani sarei partita, consapevole che l'indomani sarei scivolata via dalla tua vita. Scrollai un poco il capo e mi allontanai, nella mente ancora il ricordo del tuo corpo sdraiato contro il mio, sulle dita la sensazione della pelle del tuo viso, fresca e addormentata.
Mi domandai stancamente per quanto ancora avrei ricordato, per quanto ancora avrei cercato il tuo volto in quello di uno sconosciuto, in un caffè.
lunedì 15 aprile 2013
Dopo
Lui allungò la mano. Giacevano stanchi, distanti, sudati, assonnati. E lui allungò la mano a cercarla, a cercare ancora una volta la sua pelle. Lei sorrise appena. Socchiuse gli occhi ad osservare il suo volto sereno. Per un attimo immaginò che lui sarebbe rimasto. Per un attimo immaginò cosa avrebbe provato al risveglio, trovandolo lì, sdraiato accanto a lei. Poi si addormentò, lentamente, sazia, sola.
venerdì 8 febbraio 2013
Una persona non interessante
Poi ci incontrammo nell'ascensore di quell'albergo, gli sguardi timorosi di incrociarsi. Tu mi seguisti silenzioso nei corridoi ovattati di lusso e tappezzeria, una chiave elettronica ad aprire porte improbabili.
E lentamente la mia mano sfiora il tuo volto, le mie dita scorrono sulla tua bocca silenziosa, il tuo respiro caldo accarezza la mia pelle e rimaniamo così, un lungo istante ad immaginare quello che potrebbe accadere, quello che succederà domani, risvegliandoci fra le lenzuola sfatte di una notte di solitudini incapaci di unirsi.
Ci lasciammo così, allontanandoci in un pomeriggio luminoso di fiocchi di neve e un vento che già preannunciava, in un modo bizzarro, una lunga primavera senza fiori, senza germogli, senza speranza.
E lentamente la mia mano sfiora il tuo volto, le mie dita scorrono sulla tua bocca silenziosa, il tuo respiro caldo accarezza la mia pelle e rimaniamo così, un lungo istante ad immaginare quello che potrebbe accadere, quello che succederà domani, risvegliandoci fra le lenzuola sfatte di una notte di solitudini incapaci di unirsi.
Ci lasciammo così, allontanandoci in un pomeriggio luminoso di fiocchi di neve e un vento che già preannunciava, in un modo bizzarro, una lunga primavera senza fiori, senza germogli, senza speranza.
mercoledì 6 febbraio 2013
Autobus
Mi alzai dal sedile per avvicinarmi alla porta di uscita. Lui era in piedi, accanto a me, aggrappato a un maniglione penzolante. Cappotto blu. Leggero odore di tabacco, non troppo spiacevole. Rimasi ferma di fronte a lui, incapace di muovermi a causa della corsa del mezzo. Era alto, i miei occhi arrivavano al suo petto, alle sue spalle. Pensai di appoggiare il mio corpo al suo, per un istante. Pensai che avrei voluto farmi avvolgere dalle sue braccia, farmi intrappolare dal suo cappotto e penetrare nel suo corpo. Pensai che fuori facesse troppo freddo, che forse sarei dovuta restare su quel bus in direzione chissà dove, che forse tutto sarebbe stato più semplice aggrappandomi a lui piuttosto che rimanere a barcollare malferma su quel bus in folle corsa verso una piazza vuota.
mercoledì 16 gennaio 2013
La notte che non ci fu
Un'altra camera nell'ennesimo albergo di una notte nordica e buia. Un leggero bussare alla porta. Lei, sospesa fra sogni e veglia, apre incerta abbracciando il freddo intrappolato nel suo giaccone invernale. Lui annusa l'odore del suo sonno, sollevando leggermente la camicia da notte per sfiorare appena la sua pelle ancora calda di coperte lussuose ed estranee. Poche parole, gesti rapidi per ritrovarsi uniti, ansimi e scontri di corpi solitari alla ricerca di un piacere che li riporti alla vita. Poi la tregua in quella battaglia tra eterni vincitori e un momento a fingere una normalità che avrebbero voluto ancora, che avrebbero negato ancora.
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