La gatta curiosa
Brevi racconti in giro per il mondo e per l'anima.
venerdì 10 aprile 2015
Una fantasia
Rimanevo certe sere ad aspettare che il sole svanisse all'orizzonte e che le tenebre cancellassero il calore della giornata. Tu eri lì, in silenzio accanto a me, ad aspettare che il freddo, il sonno o un vago senso di colpa mi spingessero a rientrare. A volte mi prendevi per mano, camminando al mio fianco, annusando quell'acre odore salmastro che la sabbia bagnata sprigionava nel vento. A volte invece mi raccontavi qualche pezzo della tua vita, cercando fra le parole affinità celate. Io mi sentivo in obbligo di apparire migliore di quanto non fossi in realtà, e mi vergognavo di questa mia debolezza, anelando inutilmente che le tue labbra sfiorassero le mie per farmi tacere. E avrei voluto, davvero, avrei voluto che tu non fossi semplicemente il frutto di una mia fantasia.
venerdì 20 marzo 2015
L'hotel
Mi perdo in fantasie insensate mentre un altro inverno trova fine, aggrappata all'orlo di un bicchiere che si svuota troppo in fretta, oggi mi hai sorriso sconosciuto su un autobus per il peccato, parafrasando Tennessee Williams, io circondata da bambini e tu, ammiccante e silenzioso, accusatorio per la mia sterilità, ma ancora tutto, sempre nella mia testa, e d'un tratto una smorfia di (dolore? rimpianto?) stanchezza ha deformato il mio volto, e i miei occhi si sono spalancati più del solito e avrei quasi voluto mi seguissi in questo hotel dove mi rifugio quando tutto diventa difficile, quando tutto diventa illogico, quando il suo peregrinare lo fa inciampare nei miei passi, e invece mi ritrovo sola in questa sera di tentativi e fallimenti, in questa sera di attesa del suo corpo perfetto, armonia di suoni contro la discrepanza della mia carne lacerata, ancora una volta, dal suo sesso duro, e ripenso a te, sconosciuto che non hai avuto il coraggio di seguirmi in questo abisso a cinque stelle.
mercoledì 4 febbraio 2015
L'ospite
E poi di te rimane
l'odore intrappolato
tra le coperte
un paio di calzini
sporchi
abbandonati
dimenticati
sul pavimento
della mia camera da letto
piatti puliti
in
illogico
ordine
la carta che avvolgeva
cioccolato al latte
un asciugamano
ripiegato sui fornelli
il cuscino sghembo del divano
le mie mani che cercano invano le tue
e l'idea confusa che
se solo
io
fossi stata un'altra donna
allora tu mi avresti amato.
l'odore intrappolato
tra le coperte
un paio di calzini
sporchi
abbandonati
dimenticati
sul pavimento
della mia camera da letto
piatti puliti
in
illogico
ordine
la carta che avvolgeva
cioccolato al latte
un asciugamano
ripiegato sui fornelli
il cuscino sghembo del divano
le mie mani che cercano invano le tue
e l'idea confusa che
se solo
io
fossi stata un'altra donna
allora tu mi avresti amato.
venerdì 23 gennaio 2015
Una notte, ancora.
Allungai una mano a sfiorarla accanto a me, addormentata in quella notte fredda, la seta della sua sottoveste scivolosa sotto le le mie dita, e lei, corpo estraneo nel mio letto sfatto, respiro lento e capelli sparsi sul cuscino, lei, incontrata su una strada nel nulla, senza prezzo e per questo più preziosa. La osservai in silenzio, immaginando il momento in cui si sarebbe svegliata, gli occhi gonfi di sonno, gesti veloci a rivestirsi e una porta che si richiude su un'illusione di normalità che non so afferrare, una porta che si richiude sulla mia amata solitudine.
mercoledì 18 giugno 2014
Il corpo
Eravamo stati distanti tutta la sera. Avevi distrattamente appoggiato la tua mano sul mio ginocchio, per un istante. E null'altro. Poi era sceso il buio, ed eravamo usciti in strada. Tu avevi trattenuto la porta affinché io passassi e le nostre mani si erano sfiorate, avevo percepito il tuo odore e la tua presenza non era più un'ombra vaga. Prepotente avevo avvertito il mio corpo, l'impulso di appoggiarmi a te. Ma avevamo attraversato la strada tenendoci a distanza, la ricerca di un taxi e poi un veloce bacio sulla guancia. Ma il tuo corpo, la sensazione del tuo corpo, non mi aveva abbandonata. E la sua assenza mi rendeva languida, e la sua assenza mi rendeva inquieta.
venerdì 16 maggio 2014
Possessione
Era quel sottile lampo di dolore che squarciava il suo sguardo a provocare in me un sensuale brivido di compiacimento mentre affondavo le mie parole crude nelle sue carni indifese. Lei mi guardava supplice e io infierivo mostruoso sulle sue labbra socchiuse, raccontandole altre notti di passione, altri corpi accarezzati, altre oscurità violate. Lei rimaneva in silenzio, le sue membra appena scosse da un leggero fremito mentre descrivevo minuziosamente la bellezza inarrivabile di tutte le donne che amavo, e lentamente mi insinuavo fra le sue gambe ritrose ad aprirsi, e lentamente scivolavo dentro il suo corpo ostile. Poi con pochi colpi strappavo via il mio piacere, e il suo, senza concederle null'altro che la mia asciutta consuetudine ad abusare di lei, della sua pelle morbida, del suo desiderio di essere mia.
lunedì 28 aprile 2014
Poi
Poi restavamo in silenzio, sdraiati e nudi, sotto una coperta scivolata dal cielo su noi quasi per caso. A volte qualche frase a svelare un passato che non volevamo scoprire, a svelare quel che eravamo stati e che non avremmo voluto essere. Tu sbirciavi il mio sguardo spalancato sulla tua pelle ruvida e stropicciata socchiudendo appena un occhio, sorridendo lento stupito del mio vago silenzio. Baciavo l'interno del tuo braccio che cercava di avvolgermi e annusavo la tua pelle bianca, mentre lenta calava la notte. Poi mi rivestivo e andavo via, perché tu non ti abituassi a me, perché tu continuassi a percepire la mia assenza.
giovedì 20 marzo 2014
La necessità del corpo
Sollevi la gonna sui fianchi, scoprendo le gambe e rivelando la biancheria (dozzinali mutandine di pizzo nero). Io rimango voltata immobile, le mani appoggiate alla spalliera del canapè di pelle rossa. Tu, alle mie spalle, osservi in silenzio. Un secondo, dieci, cento. Immobili ad ascoltare i nostri respiri. La tensione sale, un sottile senso di paura si insinua. Tu osservi la mia pelle bianca e quel pizzo dozzinale che ti infastidisce. Poi, repentino, ti allontani, e ascolto attenta, percepisco i rumori dei tuoi gesti, delle tue mani che frugano alla ricerca di qualcosa. Lento ti riavvicini. Il tuo respiro si fa più profondo, qualcosa nell'aria vibra, un leggero fremito che mi fa rabbrividire. Poi accade, quasi inevitabile, e la sensazione violenta mi strappa un gemito sommesso.
Fuori dalla finestra germoglia primavera.
Fuori dalla finestra germoglia primavera.
lunedì 10 marzo 2014
Uno sconosciuto in una domenica di rabbia
Seguo le indicazioni che mi sussurri al telefono. Una porta socchiusa. Una stanza buia. Fatico a scorgere la tua sagoma. Mi indichi il divano. Mi siedo, nervosa e chiudo gli occhi. Tu mi sfiori. Il mio respiro si fa corto e teso. Non vorrei abbandonarmi alle tue mani, non vorrei lasciare che la tua pelle sfiori la mia. Non ti guardo mentre mi fai bere acqua stantia. Le tue mani si fanno più audaci. Scendono. Ansimo. Continuo a tenere gli occhi chiusi mentre i miei sensi si abbandonano a un piacere sconosciuto. Provo vergogna. Te lo sussurro. Tu mi punisci. Umido piacere sgorga. Poi mi rivesto, la penombra si fa meno nemica, scorgo il tuo volto, i tuoi occhi che mi scrutano. Voglio andare, ma mi trattengo per un istante, ancora. Mi domandi il mio nome. Io non domando il tuo.
mercoledì 5 marzo 2014
Una stanza sul Reno
Conosco il tuo gioco, quello sguardo innocente che sembra ipnotizzato dalle mie labbra. Parlo inutilmente e ti distraggo per non pensare al mio sesso duro e pulsante, mentre tu, inopportuna, provochi e sorridi mentre io giocherello con l'anello, sfilandolo e reinfilandolo, nervoso e allusivo. Sorseggi whisky, come in un film dozzinale, fuori dalla finestra scorre un fiume illuminato da brevi fari che fendono le acque. E quel silenzio sospeso che entrambi temiamo, quel momento in cui le parole cesseranno e rimarremo tu ed io.
martedì 29 ottobre 2013
La panchina sul quai
Il movimento lento del suo piede che fa oscillare a tempo una scarpina delicatamente sfilata e trattenuta solo dalle sue dita mi ipnotizza fino a fermare i miei passi, e rimango lì, ebetemente assorto mentre lei, il volto verso il sole e gli occhi chiusi, canticchia sottovoce una strana litania. Il sole scalda la sua pelle nuda, la gonna è risalita alta lasciando intravedere-no, percepire, il punto sacro dove finisce il lecito per iniziare il peccato, l'aria è satura degli ultimi profumi dell'autunno e lei canticchia ignara del mio sguardo, le sue labbra rosee si schiudono e sorridono, la scarpina oscilla pericolosamente sulla punta delle dita dei suoi piedi e poi un piccolo tonfo sordo, ad interrompere quell'estasi momentanea. Lei apre gli occhi, e senza guardarmi cerca con il piede la perduta calzatura, poi gira appena il volto, verso di me e sorride. "Finalmente sei qui".
lunedì 3 giugno 2013
Convalescenza
Quasi immaginai che fossi tu, seduto al tavolino di quel caffè, il viso voltato a metà mentre incuriosito leggevi un menù stanco.
Ma sapevo di raccontarmi l'ennesima bugia, eri distante migliaia di chilometri e milioni di pensieri ti separavano da me, da quella strana notte in cui per sfida appoggiasti le tue labbra sulle mie, consapevole che l'indomani sarei partita, consapevole che l'indomani sarei scivolata via dalla tua vita. Scrollai un poco il capo e mi allontanai, nella mente ancora il ricordo del tuo corpo sdraiato contro il mio, sulle dita la sensazione della pelle del tuo viso, fresca e addormentata.
Mi domandai stancamente per quanto ancora avrei ricordato, per quanto ancora avrei cercato il tuo volto in quello di uno sconosciuto, in un caffè.
Ma sapevo di raccontarmi l'ennesima bugia, eri distante migliaia di chilometri e milioni di pensieri ti separavano da me, da quella strana notte in cui per sfida appoggiasti le tue labbra sulle mie, consapevole che l'indomani sarei partita, consapevole che l'indomani sarei scivolata via dalla tua vita. Scrollai un poco il capo e mi allontanai, nella mente ancora il ricordo del tuo corpo sdraiato contro il mio, sulle dita la sensazione della pelle del tuo viso, fresca e addormentata.
Mi domandai stancamente per quanto ancora avrei ricordato, per quanto ancora avrei cercato il tuo volto in quello di uno sconosciuto, in un caffè.
lunedì 15 aprile 2013
Dopo
Lui allungò la mano. Giacevano stanchi, distanti, sudati, assonnati. E lui allungò la mano a cercarla, a cercare ancora una volta la sua pelle. Lei sorrise appena. Socchiuse gli occhi ad osservare il suo volto sereno. Per un attimo immaginò che lui sarebbe rimasto. Per un attimo immaginò cosa avrebbe provato al risveglio, trovandolo lì, sdraiato accanto a lei. Poi si addormentò, lentamente, sazia, sola.
venerdì 8 febbraio 2013
Una persona non interessante
Poi ci incontrammo nell'ascensore di quell'albergo, gli sguardi timorosi di incrociarsi. Tu mi seguisti silenzioso nei corridoi ovattati di lusso e tappezzeria, una chiave elettronica ad aprire porte improbabili.
E lentamente la mia mano sfiora il tuo volto, le mie dita scorrono sulla tua bocca silenziosa, il tuo respiro caldo accarezza la mia pelle e rimaniamo così, un lungo istante ad immaginare quello che potrebbe accadere, quello che succederà domani, risvegliandoci fra le lenzuola sfatte di una notte di solitudini incapaci di unirsi.
Ci lasciammo così, allontanandoci in un pomeriggio luminoso di fiocchi di neve e un vento che già preannunciava, in un modo bizzarro, una lunga primavera senza fiori, senza germogli, senza speranza.
E lentamente la mia mano sfiora il tuo volto, le mie dita scorrono sulla tua bocca silenziosa, il tuo respiro caldo accarezza la mia pelle e rimaniamo così, un lungo istante ad immaginare quello che potrebbe accadere, quello che succederà domani, risvegliandoci fra le lenzuola sfatte di una notte di solitudini incapaci di unirsi.
Ci lasciammo così, allontanandoci in un pomeriggio luminoso di fiocchi di neve e un vento che già preannunciava, in un modo bizzarro, una lunga primavera senza fiori, senza germogli, senza speranza.
mercoledì 6 febbraio 2013
Autobus
Mi alzai dal sedile per avvicinarmi alla porta di uscita. Lui era in piedi, accanto a me, aggrappato a un maniglione penzolante. Cappotto blu. Leggero odore di tabacco, non troppo spiacevole. Rimasi ferma di fronte a lui, incapace di muovermi a causa della corsa del mezzo. Era alto, i miei occhi arrivavano al suo petto, alle sue spalle. Pensai di appoggiare il mio corpo al suo, per un istante. Pensai che avrei voluto farmi avvolgere dalle sue braccia, farmi intrappolare dal suo cappotto e penetrare nel suo corpo. Pensai che fuori facesse troppo freddo, che forse sarei dovuta restare su quel bus in direzione chissà dove, che forse tutto sarebbe stato più semplice aggrappandomi a lui piuttosto che rimanere a barcollare malferma su quel bus in folle corsa verso una piazza vuota.
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