lunedì 27 febbraio 2006

Colpa

Confessare? A chi, poi? Magari ad un prete, già, i cattolici lo facevano. Ma lui, lui avrebbe potuto anche se...? O sarebbe stato meglio rivolgersi ad un medico? Anche i dottori hanno il segreto professionale. Il giuramento di Ippocrate. Ma forse non contemplava i reati, o comunque quello che lui aveva commesso. Era una malattia, la sua? Non ne era così convinto. Vagò per un po' davanti ad una chiesa che, a dire il vero, aveva tutta l'aria di essere abbandonata. Si guardò intorno. Una lucertola era ferma ad osservarlo. Avrebbe potuto raccontarlo a lei. Non gli parve una buona idea. Avrebbe però potuto raccontarlo a se stesso. Sedette all'ombra di un cipresso, e incominciò. Mentre la storia si svolgeva fra le sue labbra, percepì la sua colpa crescere, dilatarsi, assumere una nuova forma e gonfiare, gonfiare, gonfiare fino ad esplodere, e d'improvviso fu di nuovo libero.

sabato 25 febbraio 2006

Possesso

Io possiedo una cosa preziosa. E' a casa, chiusa in una stanza fresca e buia. E' liscia ed ambrata, calda e umida. Il suo respiro è lento ed eccitante. E' sdraiata sul letto, in attesa che io torni, pronta ad accogliermi tra le sue braccia profumate di mirra e oro. Non deve far niente, solo aspettarmi e soddisfarmi. E' bellissima. L'ho comprata da suo padre, un mercante di Qina. La merce più preziosa che aveva in vendita. Lei mi ha seguito docile. Era pura, pura come l'acqua che sgorga nelle oasi più lontane. Ora è mia. I suoi occhi sono neri come seta di Damasco, anche se non mi guarda mai. Io so che mi vede. La sua voce soave come il vento che sfiora le fronde dei canneti, anche se non mi parla mai. Io la possiedo. E' mia. Nessun altro può vederla, nessun altro può toccarla. Lei è lì, che mi aspetta. Lei è lì, ed io vorrei solo fuggire lontano da una donna che non mi ama.

Benedici

D'improvviso il mondo sembra crollare nella follia della divisione, e nonostante io sappia che siamo un tutt'uno, se allungo una mano non c'è nessuno da toccare. Dove sei, uomo? Lungo le strade incrocio volti distanti e, se provo a parlarti, nient'altro che paura. Paura di cosa? Siamo uguali, io e te, pelle, sangue, ossa, nient'altro eccetto anima e Dio, Dio senza nome né volto, Dio senza chiese case tetti preghiere. Cosa ti ha strappato dall'umanità, lo ricordi ancora? I tuoi occhi, uomo, sfuggono ancora al mio sguardo, e non posso far altro che benedirti, ché la tua gioia sarà la mia, ché il tuo sorriso sarà mio come mie le lacrime che verserai. Perché tu sei me, non esiste null'altro. Ricordi?

martedì 21 febbraio 2006

Corro

Mi dici che dovrei scrivere qualcosa di diverso, ed io leggo nei tuoi occhi cosa vorresti sentirmi dire, ed è inutile che continui a negarlo. Tu vuoi che la mia fantasia scivoli sul tuo corpo caldo e smanioso, vuoi che le mie dita sfiorino la tua pelle fino a farti fremere come mai è accaduto. Vuoi sentire il desiderio crescere fino a tendere la stoffa dei tuoi logori jeans, fino quasi a diventare doloroso. Ma io non ti dirò niente che possa anche solo darti una briciola di piacere. E, per la prima volta, corro via da te.

giovedì 16 febbraio 2006

La seconda notte


Il villaggio se ne stava lì, abbarbicato sulle rocce in mezzo al nulla. Il sole stava scendendo lento verso ovest, dopo averci cotto i pensieri e la pelle. Avevamo sete, la bocca impastata dalla polvere del deserto, gli occhi stanchi della luce e della vita. Lui mi indicò la casa. Là avremmo consumato la prima notte. Lui era nervoso, non riusciva a credere che avessi acconsentito a quel rito così oscuro ai miei usi. Temeva, a ragion veduta, di non essere il primo. Mi avevano fatta vestire interamente di nero, una vedova della libertà perduta.Un po' mi veniva da sorridere, non fosse stato per la sete, oh, la sete terribile.
La casa era addobbata a festa. Le donne ci accolsero tra strani suoni. Io desideravo solo bere, lavarmi e dormire. Dopo ore interminabili ci accompagnarono in camera, ci facero svestire e coricare l'uno accanto all'altro, e rimasero lì, a guardarci, in attesa di che, non so. Mi voltai verso il muro e mi addormentai in una manciata scarsa di secondi.
La tragedia che scatenai con il mio comportamento fu terrificante. Temetti addirittura che lo cacciassero di casa, poiché non si era rivelato abbastanza uomo da far valere i suoi diritti. Cercai di ammansirli accollandomi ogni colpa. Eravamo molto stanchi, il viaggio ci aveva stremati. Poi, sopraffatta dalle urla, uscii di casa. Nella stalla un asino ragliava. Entrai piano per osservarlo. Qualcuno scivolò alle mie spalle. Mi sentii afferrare e mi girai. Lui mi guardava triste. "Non abbiamo avuto la nostra prima notte", mi sussurrò. Cominciai a spogliarlo piano. Cominciai a spogliarmi piano. Lì, davanti allo sguardo distratto dell'asino, avemmo la nostra seconda notte.

mercoledì 15 febbraio 2006

Skype me

C'è questo fantastico programmino per il computer, insomma un voip o qualcosa di simile, puoi parlare gratis da computer a computer con delle cuffiette (io in realtà non posso perché mi è caduto il portatile e si è rotta la presa dei jacks), puoi chattare (penso si dica così, non sono una grande esperta), e, per dare maggior credibilità allo strumento, posso dire che ne ho anche sentito parlare da Beppe Grillo... In ogni caso non è questo l'argomento, o forse sì, ma in minima parte. Consiglio comunque di provarlo, ne vale la pena (non ci intasco nemmeno un centesimo, lo giuro). Praticamente ogni giorno qualche sconosciuto usa Skype per scrivermi. Considero la cosa molto carina e molto interessante, anche un po' lusinghiera, considerato che di solito lo sconosciuto è maschio, straniero e baccaglione. O almeno penso che lo sia. Il vero problema è che io non so assolutamente quale sia l'atteggiamento da mantenere. Flirtare? Chiacchierare di politica? Interessi comuni? Sono andata completamente in crisi quando uno scultore di Austin, Texas, mi ha domandato quale fosse il mio scrittore italiano preferito. Cosa dire? Che, nonostante io abbia letto diecimila libri, non me ne veniva in mente nemmeno uno? E poi io so chi è il mio scrittore italiano preferito, ma non credo davvero lui lo conosca. Inoltre commetto sempre, e sottolineo sempre, enormi gaffes. Infine, e ciò mi inquieta molto, mi domando quale sia lo scopo. Migliorare le lingue? Tenersi in allenamento nella difficile arte della conversazione languida? Cosa? Conoscere gente? Rompere la solitaria monotonia di una giornata altrimenti vuota? Toccare l'anima altrui senza rischi per la propria?
Non l'ho mai fatto, finora, ma lancio un appello ai miei quattro lettori.
Qualcuno sa dirmi quale arcano motivo spinge a chattare con uno sconosciuto? Grazie.

martedì 14 febbraio 2006

Egitto

Francamente non riusciva a subire il fascino dell'antico Egitto. Certo, di fronte alle piramidi era rimasta senza fiato, ma l'ennesima, enorme statua di Ramses IV l'aveva fatta sbadigliare. Un po' si vergognava. Quello che invece continuava a trarre la sua attenzione era la sua guida di nome Ahmed, alto, bronzeo, gli occhi di un intenso velluto nero e le mani affusolate create apposta per sfiorarla. Così continuava ad ascoltare le sue lunghe dissertazioni sulla storia degli antichi faraoni con la speranza che lui, prima o poi, l'avrebbe notata e magari baciata lì, tra un obelisco e Ashepsut, o come accidenti si chiamava la moglie di quell'antico re...

Gente

Avevo questa strana forma di idiosincrasia, qualunque cosa voglia dire. Non sopportavo che qualcuno, chiunque, mi sfiorasse. Temevo di essere infettato, contaminato. Stranamente non mi ponevo gli stessi problemi nei confronti degli oggetti; non temevo infatti di bere da un bicchiere non perfettamente pulito, o di toccare cose cadute in terra. Credevo però che se qualcuno mi avesse toccato, tutti i suoi pensieri, i suoi sogni, le sue illusioni, le sue paure ed i suoi dolori, si sarebbero trasferiti dalla sua pelle alla mia, infettando la mia mente e la mia anima. A volte mi assaliva il dubbio che anche leggere i libri potesse causare qualche interferenza al mio cervello...

giovedì 9 febbraio 2006

Piccola ricetta per la felicità

Non è proprio una cura a tutti i malanni del mondo e so che qualche intellettuale si scandalizzerà poiché fingo di ignorare i problemi etici legati alla produzione di banane, ma tant'è. Tuttavia ritengo che anche le persone sregolate e benestanti possano vivere momenti di difficoltà che la mia ricetta può lenire. Questa è una ricetta da usare con moderazione e che presuppone il possesso di una tecnologia, il frullatore, che, sono conscia, non tutti possiedono, ma, per i risvolti morali, vedi sopra. Prendete una o due banane ben mature, non quelle della foto, che sono buone fritte, ma le classiche banane dolci e mature... Rompetele a pezzi e mettetele nel frullatore con due cucchiai di zucchero, un poco di latte e ghiaccio tritato. Frullate il tutto fino a quando non diventa cremoso e denso al punto giusto. Chiaro che la cosa richiede un po' di esperienza, ma voi esercitatevi fino a quando le dosi e la consistenza non vi appagheranno. Versate tutto in un bicchiere alto, e bevete il frullato con una cannuccia lasciando che il vostro sguardo vaghi verso il cielo di questa magnifica vita.
P.S. Ops, anche la cannuccia non è etica, in quanto prodotto in plastica non biodegradabile. Se avete soluzioni alternative, tipo canna di bambù, va bene lo stesso.

mercoledì 8 febbraio 2006

Lo stregone è l'unico che ti può salvare

L'irritazione che tormentava la pelle della tua schiena non dava alcun segno di miglioramento nonostante le cure a base di cortisone che il medico ti aveva prescritto. Temevi che un ragno ti avesse deposto le uova sotto pelle, era capitato una volta ad Abdou e non era stato affatto piacevole. Ti grattavi continuamente accanto agli spigoli dei muri, e la cosa stava diventando imbarazzante. Tua madre non aveva dubbi: scabbia, continuava a blaterare. Eri scettico. Eri scettico e pruriginoso. Non riuscivi quasi più a dormire. E poi ti venne in mente che lo stregone di quel villaggio ad est di Buta ti aveva lanciato una maledizione per via di due sacchi di manioca non pagati. Ti venne il dubbio che la maledizione avesse attecchito. Abdou disse che non potevi essere così credulone, ma comunque conosceva uno stregone che per due sacchi di manioca ti avrebbe guarito...

Efficienza

Valutammo il percorso in ogni suo aspetto, i luoghi dove accamparci, i rifornimenti di acqua e benzina, i medicinali, i problemi meccanici che si sarebbero potuti verificare. Non che fossimo del tutto tranquilli, certo, ma non temevamo il peggio. L'entusiasmo che ci muoveva, eravamo sicuri, avrebbe sopperito ad ogni eventuale intoppo.
Non so cosa andò storto. Eravamo esperti, affiatati, pronti ad affrontare ogni rischio. Eppure qualcosa di terribile accadde quella notte. Fu la luna, fu l'aria fresca che spazzava via la polvere dalle nostre menti, non so. Gli ululati lontani degli sciacalli. Non so, non riesco davvero a ricordare, come se le immagini fossero state cancellate dalla mia memoria. L'unica cosa che ricordo fu che quando mi svegliai, la mattina dopo, tu eri scomparso per sempre.

domenica 5 febbraio 2006

Un giorno qualunque

Non ci sono immagini. Non ci sono ricordi. O, almeno, non ci sono ricordi particolari. Era stato un giorno qualunque, un giorno come tanti altri, nella lunga strada della mia vita. E per questo motivo, per la sua assoluta ordinarietà, non riuscivo a spiegarmi quella costante sensazione di sottile disperazione che lo aveva accompagnato. Non esisteva alcuna ragione. Non apparentemente. Riflettei ancora un po'. Forse ero io. Forse ero io ad essere nata e vissuta in un costante, indefinibile, stato di disperazione. Era perlomeno avvilente, come spiegazione, ma non del tutto inopportuna. La mia mente, però, non riusciva, non poteva accettarlo. Che senso avrebbe avuto la mia stessa esistenza senza nemmeno una scintilla di speranza? Poi pensai che forse non dovevo cercare un senso, forse semplicemente esistevo in quanto costantemente, sottilmente, irrimediabilmente disperata. Avessi ancora avuto sedici anni, avrei potuto sopportarlo.

mercoledì 1 febbraio 2006

Desiderio



A dire il vero la mia sola esigenza sarebbe stata una bottiglia di acqua fresca, magari gasata, ma tu ti eri avvicinato gentile e mi avevi mostrato una meravigliosa collana di pietre turchesi come il cielo ed io non ero riuscita a resistere. Avevo allungato timida la mano a sfiorarla e tu mi avevi afferrata, quasi brutalmente. Era strano, neanche ti conoscevo, ma una scarica elettrica aveva percorso il mio corpo non appena la tua pelle aveva toccato la mia, e mi sembrava che tutto il mondo fosse sospeso tra te e me. Sentivo il desiderio di te crescere incontenibile , e non riuscivo a capacitarmene. Tremavo. Indicai la collana nella tua mano. "Qual è il prezzo?". Sorridesti. "Mio o della collana?". Ti guardai per un lungo istante. "Della collana". Ti fermasti un attimo a riflettere. "Passa la notte con me". Mi voltai a guardare verso il deserto. Il sole stava tramontando. Impaurita scossi la testa. Non credo fosse un prezzo equo. La collana era davvero molto bella.